• Botanica

    La flora presente non è caratterizzata da specie ad areale ristretto od endemiche. Ciò, insieme alla presenza non trascurabile di specie ad ampia distribuzione, è riconducibile a due aspetti dell’area. In primo luogo la diffusione di ambienti umidi, ambiti tipicamente azonali, le cui caratteristiche ambientali si ripetono indipendentemente dall’area geografica in cui si trovano, che ospitano specie dall’ecologia molto specifica, ma ad areale ampio. Secondariamente la diffusione delle specie sinantropiche, la cui ampia diffusione è legata alle attività umane.

  • Fauna

    La fauna dei Palù è stata studiata in modo meno sistematico ed organico rispetto alla flora.
    È stato evidenziato l’importante ruolo dei Palù come area di sosta per l’avifauna migratoria, in ragione del quale non è infrequente ad esempio osservare la presenza di stormi di cicogna bianca (Ciconia ciconia).
    La mammofauna nel SIC è molto ricca: crocidure, arvicola, talpa, porcospino, ghiro, moscardino, donnola, faina, volpe, lepre, tasso, capriolo. Sono ben rappresentati anche i chirotteri con numerose specie dei generi Rhinolophus, Vespertilio, Nyctalus, Plecotus.
    Da osservazioni estemporanee pare che l’ittiofauna nei canali dei Palù possa annoverare specie di grande rilievo conservazionistico come Cottus gobio, Cobitis taenia e *Austropotamobius pallipes
    Oltre questi è segnalata la presenza di anguilla, cavedano, barbo, tinca, carpa, oltre che un non meglio identificato grosso bivalve (una specie del genere Unio) tradizionalmente usato a scopo alimentare dalla popolazione locale.
    A livello di entomofauna è nota e segnalata nella letteratura scientifica la presenza nel SIC di Coenonympha oedippus che qui e in altre stazioni della Pianura Padana raggiunge il limite meridionale del proprio areale. Questo lepidottero però non è più stato riscontrato dal rilievo concluso nel 2017, che per converso ha segnalato la presenza di Hesperia comma, precedentemente non segnalata.

  • Botanica

    La flora presente non è caratterizzata da specie ad areale ristretto od endemiche. Ciò, insieme alla presenza non trascurabile di specie ad ampia distribuzione, è riconducibile a due aspetti dell’area. In primo luogo la diffusione di ambienti umidi, ambiti tipicamente azonali, le cui caratteristiche ambientali si ripetono indipendentemente dall’area geografica in cui si trovano, che ospitano specie dall’ecologia molto specifica, ma ad areale ampio. Secondariamente la diffusione delle specie sinantropiche, la cui ampia diffusione è legata alle attività umane.

  • Fauna

    La fauna dei Palù è stata studiata in modo meno sistematico ed organico rispetto alla flora.
    È stato evidenziato l’importante ruolo dei Palù come area di sosta per l’avifauna migratoria, in ragione del quale non è infrequente ad esempio osservare la presenza di stormi di cicogna bianca (Ciconia ciconia).
    La mammofauna nel SIC è molto ricca: crocidure, arvicola, talpa, porcospino, ghiro, moscardino, donnola, faina, volpe, lepre, tasso, capriolo. Sono ben rappresentati anche i chirotteri con numerose specie dei generi Rhinolophus, Vespertilio, Nyctalus, Plecotus.
    Da osservazioni estemporanee pare che l’ittiofauna nei canali dei Palù possa annoverare specie di grande rilievo conservazionistico come Cottus gobio, Cobitis taenia e *Austropotamobius pallipes
    Oltre questi è segnalata la presenza di anguilla, cavedano, barbo, tinca, carpa, oltre che un non meglio identificato grosso bivalve (una specie del genere Unio) tradizionalmente usato a scopo alimentare dalla popolazione locale.
    A livello di entomofauna è nota e segnalata nella letteratura scientifica la presenza nel SIC di Coenonympha oedippus che qui e in altre stazioni della Pianura Padana raggiunge il limite meridionale del proprio areale. Questo lepidottero però non è più stato riscontrato dal rilievo concluso nel 2017, che per converso ha segnalato la presenza di Hesperia comma, precedentemente non segnalata.

  • Geologia e morfologia

    L’area dei Palù ha avuto origine dalle conoidi formate dagli accumuli di materiale trasportato dai fiumi Piave e Soligo al loro sbocco dall’ambito alpino ed è caratterizzata da una struttura litologica complessa, con presenza di unità a varia granulometria che si alternano in brevi spazi.
    La conoide del Piave a ovest e sud, e la conoide del Soligo a est definiscono due rilievi di natura molto permeabile che delimitano una depressione entro la quale si sono accumulati sedimenti alluvionali di tessitura molto più fine, che si compenetrano con i sedimenti grossolani depositati dai piccoli torrenti provenienti dalle colline più a nord che attraversano i Palù.

  • Idrografia e idrogeologia

    Il reticolo idrografico dei Palù si limita a piccoli corsi d’acqua a regime torrentizio (Raboso, Rio Bianco, La Dolsa, rio Castelletto etc.).
    L’assetto attuale del reticolo idrografico è frutto di successivi interventi di bonifica che nei secoli hanno portato tutti i rii e torrenti a confluire (direttamente o indirettamente) nel Rospèr, che delimita a sud i Palù.
    La falda freatica si trova ad una profondità compresa tra 0,30 e 2,54 m per una media calcolata intorno a 1,24 m.
    Tutta l’area è interessata da risorgive, legate in termini più o meno evidenti a terminazioni ghiaiose (o comunque a discreta granulometria) collocate in superficie, od in prossimità di questa, e limitate lateralmente ed inferiormente da situazioni a ridotta o nulla permeabilità. È una risorgenza in genere localizzata lungo le scoline e solo in poche situazioni si manifesta come nei tipici fontanili con teste allargate (probabilmente in modo artificiale).
    Tra tutti i corsi d’acqua il Raboso è quello che possiede un carattere più irruento e, proprio per le sue caratteristiche idrauliche, presenta lungo tutto il suo corso numerose opere di difesa e di regimazione delle acque (briglie, difese spondali), nonostante le quali, in periodi di forti precipitazioni, ha la tendenza, così come il Rospèr, ad esondare, creando problemi di rischio idraulico. Per questa ragione, nei secoli, lungo il tratto pensile in cui il corso d’acqua attraversa i Palù, erano presenti le cosiddette “boccarole”, aperture che consentivano di disperdere nei canali il volume d’acqua eccedente la capacità di deflusso nei tratti più a valle a ridosso dei centri abitati. I Palù venivano quindi ad assumere la funzione di cassa d’espansione giovando nel contempo di un effetto fertirrigante. Il reticolo di fossati dei Palù raccogliendo tali acque permetteva di conseguenza di ritardare i tempi di deflusso dell’eccedenza. Questo caratteristico sistema ha cessato di esistere qualche decina di anni fa.

  • Paesaggio

    Il Palù del Quartier di Piave rappresenta uno degli esempi più integri ed estesi di paesaggio a campi chiusi del Veneto e d’Italia, che trae origine dall’opera di bonifica intrapresa dai monaci benedettini dell’Abbazia di Vidor nell’XI secolo. Nella sua espressione più caratteristica questo paesaggio vede appezzamenti a prato, delimitati da fossi e da siepi perimetrali a frangivento. Il sistema agrario era molto complesso ed elaborato ed in passato assicurava tre tipi di produzione: foraggio nei prati, legname dalle piante (farnie, ontani, pioppi e salici, aceri, olmi) nella zona perimetrali dei prati, e pesci, gamberi ed anguille nei corsi d’acqua.
    La presenza delle siepi, inoltre, permetteva una stabilizzazione microclimatica all’interno dei campi chiusi, grazie all’azione igroregolatrice e frangivento. In particolare, le siepi fornivano protezione alle colture da improvvise correnti discensionali fredde, e relative gelate primaverili, o da grandinate estive.
    Tipico dei Palù era anche la marcita, una modalità di gestione dei campi nella quale, durante l’inverno, per mezzo di sbarramenti e scolmatori lungo i canali, era possibile tenere i prati allagati con le acque relativamente calde delle risorgive, permettendo così la crescita dell’erba e un raccolto aggiuntivo di foraggio.
    Attualmente solo un quarto del territorio del SIC ha mantenuto in modo significativo la caratteristica struttura paesaggistica dei campi chiusi con prati stabili e appezzamenti coltivati.

  • Geologia e morfologia

    L’area dei Palù ha avuto origine dalle conoidi formate dagli accumuli di materiale trasportato dai fiumi Piave e Soligo al loro sbocco dall’ambito alpino ed è caratterizzata da una struttura litologica complessa, con presenza di unità a varia granulometria che si alternano in brevi spazi.
    La conoide del Piave a ovest e sud, e la conoide del Soligo a est definiscono due rilievi di natura molto permeabile che delimitano una depressione entro la quale si sono accumulati sedimenti alluvionali di tessitura molto più fine, che si compenetrano con i sedimenti grossolani depositati dai piccoli torrenti provenienti dalle colline più a nord che attraversano i Palù.

  • Idrografia e idrogeologia

    Il reticolo idrografico dei Palù si limita a piccoli corsi d’acqua a regime torrentizio (Raboso, Rio Bianco, La Dolsa, rio Castelletto etc.).
    L’assetto attuale del reticolo idrografico è frutto di successivi interventi di bonifica che nei secoli hanno portato tutti i rii e torrenti a confluire (direttamente o indirettamente) nel Rospèr, che delimita a sud i Palù.
    La falda freatica si trova ad una profondità compresa tra 0,30 e 2,54 m per una media calcolata intorno a 1,24 m.
    Tutta l’area è interessata da risorgive, legate in termini più o meno evidenti a terminazioni ghiaiose (o comunque a discreta granulometria) collocate in superficie, od in prossimità di questa, e limitate lateralmente ed inferiormente da situazioni a ridotta o nulla permeabilità. È una risorgenza in genere localizzata lungo le scoline e solo in poche situazioni si manifesta come nei tipici fontanili con teste allargate (probabilmente in modo artificiale).
    Tra tutti i corsi d’acqua il Raboso è quello che possiede un carattere più irruento e, proprio per le sue caratteristiche idrauliche, presenta lungo tutto il suo corso numerose opere di difesa e di regimazione delle acque (briglie, difese spondali), nonostante le quali, in periodi di forti precipitazioni, ha la tendenza, così come il Rospèr, ad esondare, creando problemi di rischio idraulico. Per questa ragione, nei secoli, lungo il tratto pensile in cui il corso d’acqua attraversa i Palù, erano presenti le cosiddette “boccarole”, aperture che consentivano di disperdere nei canali il volume d’acqua eccedente la capacità di deflusso nei tratti più a valle a ridosso dei centri abitati. I Palù venivano quindi ad assumere la funzione di cassa d’espansione giovando nel contempo di un effetto fertirrigante. Il reticolo di fossati dei Palù raccogliendo tali acque permetteva di conseguenza di ritardare i tempi di deflusso dell’eccedenza. Questo caratteristico sistema ha cessato di esistere qualche decina di anni fa.

  • Paesaggio

    Il Palù del Quartier di Piave rappresenta uno degli esempi più integri ed estesi di paesaggio a campi chiusi del Veneto e d’Italia, che trae origine dall’opera di bonifica intrapresa dai monaci benedettini dell’Abbazia di Vidor nell’XI secolo. Nella sua espressione più caratteristica questo paesaggio vede appezzamenti a prato, delimitati da fossi e da siepi perimetrali a frangivento. Il sistema agrario era molto complesso ed elaborato ed in passato assicurava tre tipi di produzione: foraggio nei prati, legname dalle piante (farnie, ontani, pioppi e salici, aceri, olmi) nella zona perimetrali dei prati, e pesci, gamberi ed anguille nei corsi d’acqua.
    La presenza delle siepi, inoltre, permetteva una stabilizzazione microclimatica all’interno dei campi chiusi, grazie all’azione igroregolatrice e frangivento. In particolare, le siepi fornivano protezione alle colture da improvvise correnti discensionali fredde, e relative gelate primaverili, o da grandinate estive.
    Tipico dei Palù era anche la marcita, una modalità di gestione dei campi nella quale, durante l’inverno, per mezzo di sbarramenti e scolmatori lungo i canali, era possibile tenere i prati allagati con le acque relativamente calde delle risorgive, permettendo così la crescita dell’erba e un raccolto aggiuntivo di foraggio.
    Attualmente solo un quarto del territorio del SIC ha mantenuto in modo significativo la caratteristica struttura paesaggistica dei campi chiusi con prati stabili e appezzamenti coltivati.

PALU QDP

Documenti

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